domenica 19 maggio 2019

Meshes of the afternoon


Una serie di sfortunati eventi esistenziali mi ha tenuta lontana da questi schermi davvero MOLTO a lungo.
Per circa sei mesi non ho avuto con me il PC ed ho vissuto in maniera alquanto precaria, ma oggi, finalmente meno angosciata, ho visionato il film del quale vi voglio parlare.
Definito uno dei film più interessanti mai realizzati, Meshes of theAfternoon rappresenta un viaggio onirico, allucinato, folle forse, dentro il quale lo spettatore può individuare molti significati.
Realizzato da Maya Deren e da suo marito Alexander Hammid nel 1943, ha una durata di 14 minuti, ed è stato originariamente pensato come un film privo di colonna sonora.
Successivamente, nel 1959, il film è stato arricchito dalla colonna sonora inquietante e scarna composta da Teiji Ito, terzo marito della Deren.


Nel film vengono mostrati alcuni elementi ricorrenti, che ad uno psicologo o studente di psicologia potrebbero comunicare simbologie bene definite legate alla parte inconscia della mente umana, ma che per me, misera profana, hanno assunto significati dei quali vi parlerò poi.
Gli elementi in questione sono: un coltello, una chiave, un fiore che somiglia molto ad un grosso papavero, un giradischi, ed un telefono con la cornetta staccata.
Inoltre nel film vi è una ripetizione circolare di eventi, e la presenza inquietante di una misteriosa figura ammantata di nero.
Raccontare la trama di questo corto, è alquanto difficile.
Tutto gioca attorno agli oggetti che vi ho descritto prima, alla circolarità delle azioni, e alla misteriosa figura.
Un braccio, innaturalmente lungo, posa un fiore a terra.
Una donna lo raccoglie. Sale delle scale verso casa sua, e quando sta per aprire la porta le sfugge di mano la chiave. La chiave rimbalza giù, lungo gli scalini. La donna la riprende, entra in casa, vede un coltello in una pagnotta, e il ricevitore del telefono staccato.
Sale al piano di sopra, entra in stanza da letto: c'è un giradischi che suona a vuoto. La donna lo ferma. Scende di nuovo, arriva in un salotto e cade addormentata su di una poltrona..
Nel sogno vede se stessa inseguire una figura ammantata di nero. La figura porta con il fiore. La donna lo raccoglie e sale lungo le scale per tornare a casa.
Se nella prima scena non potevano vedere il viso della donna, nella seconda è visibile.
La donna, con fare guardingo, entra in casa.
Sugli scalini per il piano superiore c'è il coltello.
Sale le scale al rallentatore, apparentemente affaticata, ed arriva nella stanza da letto. Sul letto c'è il ricevitore del telefono. Nascosto, il coltello.
Nel coltello si riflette brevemente la sua faccia (deformata)
La donna copre il coltello, e rimette il ricevitore del telefono al suo posto.
Senza alcun preavviso, cade dalla finestra.
Ma non è all'esterno.
La vediamo contorcersi sulle scale in una serie di cambi di angolazione della camera, che danno allo spettatore una sensazione di claustrofobia e pericolo.
La donna vede se stessa, al piano inferiore, addormentata sulla poltrona.
Il giradischi suona a vuoto.
Si sporge, ed è come se lo spazio si restringesse di colpo.
La donna spegne il giradischi.
Dalla finestra scorge la figura ammantata di nero con il fiore in mano.
Scorge se stessa che insegue la misteriosa creatura, si ferma, sale le scale che conducono a casa sua.
La donna che guarda dalla finestra toglie una chiave dalla bocca: è la chiave di casa.
La donna che stava salendo le scale, apre la porta.
Vede la figura ammantata di nero. La segue lungo le scale per il piano superiore.
Con angolazioni distorte e l’uso del rallenty, lo spettatore viene nuovamente trascinato nell'atmosfera soffocante vissuta prima.
La donna cerca di inseguire la creatura, ma è come se non avesse forze.
Nuovamente lo spazio si deforma e restringe.
La donna si arrampica sulle scale; vede la figura nera posare il fiore sul letto.
Sembra dire qualcosa, forse implorare.
La creatura si gira, rivelando il suo volto: uno specchio.
Svanisce di colpo.
La donna, è a piano terra.
C'è il coltello vicino a lei.
Vede se stessa dormire sulla poltrona. Dalla finestra scorge la figura nero vestita. Di nuovo scorge se stessa che la insegue, si ferma, sale le scale.
Dalla bocca della donna che guarda esce una chiave.
È la chiave di casa.
La chiave muta in coltello.
La donna va in cucina, dove vede due se stessa sedute ad un tavolo.
Mette il coltello sul tavolo e si siede.
Il coltello ridiventa chiave.
Ad una ad una le donne prendono la chiave.
Ogni volta che viene portata via da una di loro, riappare.
La terza donna prende la chiave; il palmo della sua mano, è nero. La chiave, ridiventa coltello.
La donna cerca di uccidere la se stessa che dorme sulla poltrona.
All’ultimo momento si sveglia, e davanti ai suoi occhi c'è un uomo.
L’uomo ha il fiore in mano.
Rimette a posto il ricevitore del telefono che si trova sulle scale.
Sale al piano superiore. La donna lo segue.
In camera da letto posa il fiore sul materasso, così come aveva fatto la nera figura.
La donna guarda il fiore.
La camera indugia sul fiore, si sposta, mostrando il volto dell’uomo riflesso in uno specchio.
La donna si sdraia sul letto assieme all’uomo.
L’uomo si china verso di lei.
Il fiore, che giace sul cuscino accanto al viso della donna, muta in coltello.
La donna lo prende, gettandolo addosso all’uomo.
La realtà si infrange come uno specchio, rivelando una veduta oceanica.
Frammenti cadono sulla spiaggia.
Stacco.
L’uomo sta tornando a casa.
Vede il fiore per terra e lo raccoglie.
La chiave è nella toppa.
Gira la chiave ed entra in casa.
Vede la donna sulla poltrona.
Il giradischi accanto a lei, distrutto.
La donna è morta; si presenta ricoperta di alghe e frammenti di vetro. Nella mano sembra tenere il coltello.
Fine.
Al di delle analisi di tipo femminista che questo film sembra avere (la solitudine della donna lasciata sola a casa, lo struggimento della figura femminile nel trovare una identità libera dalle imposizioni maschili) e ad analisi di tipo squisitamente psicanalitico, io in questo film, mano a mano che le immagini scorrevano, ho visto una efficace rappresentazione della malattia mentale;
la depressione, nello specifico.
La nera figura che irrompe nella vita della donna può essere vista come una rappresentazione della malattia, che trasforma la quotidianità in un labirinto di azioni circolari, di giorno in giorno sempre più distorte e disturbate.
La persona perde la propria identità, cerca di ritrovarla (la chiave per la porta di casa), ma si ritrova in una realtà identica, e allo stesso tempo sempre più malata.
Ogni azione si trasforma in sofferenza.
Salire le scale, muoversi diventa difficile come se ci si muovesse al rallentatore prima, e senza alcuna forza o volontà, poi.
Il coltello è sempre presente, come simbolo del desiderio di annientare se stessi.
Appare, scompare, si muta in chiave (mezzo con il quale cercare di ricostruire la propria normalità) e poi nuovamente in arma che ferisce ed uccide.
Il telefono staccato, ai miei occhi, simboleggia l'incapacità di comunicare il proprio malessere al mondo.
Quando l’uomo torna e lo rimette al suo posto, è perché non ha colto i segnali di sofferenza della donna.
Si tratta di una cosa che capita molto spesso: le persone che circondano un depresso possono intuire un malessere, cercano conferma dal malato stesso, il quale al 99.9% dei casi, negherà il problema.
Quindi, rassicurati, metteranno una pietra sopra alla cosa. (rimettere il ricevitore al suo posto, ristabilire la normalità.)
L’uomo, quindi, diviene una sorta di simulacro del malessere vissuto dalla donna.
Non essendo lui in grado di vedere, di aiutare e proteggere, diviene esso stesso la malattia.
La lotta costante tra desiderio di andare a vanti, vincere sulla depressione, e quello di cedere, attraversa tutto il film.
Sfortunatamente il costante oscillare tra desiderio ricostruire e quello di annientare se stessi termina con la vittoria di quest’ultimo, portando la donna ad un ben triste finale.
Ogni speranza svanisce, (come la chiave che diventa coltello) e la donna, sia inconsciamente che consciamente, decide di farla finita.
La realtà nella quale viveva si infrange, rivelandosi solamente una illusione.
Ciò che appare dietro di essa è la vastità dell'oceano che inghiotte, inglobando dentro di sè ogni cosa, in un abbraccio gelido ma rassicurante.
Il fiore che appare nel film, sembra un papavero.
Essendo il film in bianco e nero appare bianco, e quindi non sono sicura si tratti davvero di un papavero.
Potrebbe essere un Anemone.
Ho controllato nel web il significato di questo fiore, trovando quanto segue:
“L’Anemone rappresenta l’effimero e l’abbandono. Un amore tradito, una speranza mal riposta, e viene regalato quando si vuole far notare a qualcuno di essere stati trascurati soprattutto in amore, ma non solo. Anche un amico può usare questo fiore per dimostrare di sentirsi abbandonato.”
Il che, calza perfettamente con le analisi che sono state fatte del film, e che io stessa ho elaborato.
Il Papavero, invece, nella sua colorazione bianca, sembra avere il seguente significato: consolazione, sonno, sventura.
Anche questo significato, calza molto bene a quanto viene mostrato nel film.
In ogni caso, come ogni film espressionista, va interpretato.
Questa che avete letto, è la mia interpretazione.
Non ho idea se sia mai stata fornita una spiegazione “ufficiale” di questo corto, ma tutto sommato è bello poter visionare una pellicola, vedendovi ciò che la propria mente, il cuore, comunicano ai sensi.
Con questo vi invito a vederlo, (è liberamente disponibile su YouTube, ma cercate la versione con la colonna sonora del 1959) ed a compire un viaggio attraverso simboli, immagini, sensazioni, e… tutto quello che volete!
Alla prossima!






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